Smart working: pro e contro della nuova modalità di lavoro

Dopo la presentazione del disegno di legge del Movimento 5 Stelle, sembra proprio che lo smart working diventerà una misura strutturale nel 2021, quindi anche quando il Covid-19 sarà un lontano ricordo.

Già nel corso del 2020, in seguito all’esplosione della pandemia, circa 4 milioni di lavoratori, si sono ritrovati a lavorare in smart working, con tutte le difficoltà iniziali

Quando si parla di difficoltà, non si parla solo della necessità di imparare in poco tempo a gestire il proprio tempo e gli spazi domestici con l’obiettivo di ottimizzare il lavoro, ma anche dei disagi legati alle carenze di mezzi reali, che possano supportare questa modalità di lavoro.

Nonostante le iniziali difficoltà, però, gli italiani se la sono cavata e, a quanto pare, lo smart working sarà una modalità di lavoro sempre più presente nelle nostre vite.

Nel 2021, infatti, circa il 60% dei dipendenti della Pubblica Amministrazione (a fronte del 50% del 2020) lavorerà da remoto.

In numeri, il valore di circa 2 milioni di dipendenti pubblici impegnati nel lavoro agile quest’anno e aumenterà del 10% nel 2021, per un incremento dunque pari a 200 mila unità.

La vera sfida, a fronte di questo graduale cambiamento, sarà riuscire a compiere un ulteriore step nelle abitudini dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Questa modalità di lavoro, infatti, rende spesso difficoltosa la suddivisione tra lavoro e vita privata: molti i lavoratori che sentono infranto il confine dell’orario lavorativo, in primis, perché spesso si tende a lavorare ben oltre l’orario consueto, complice anche la difficoltà a reperire strumenti efficienti e spazi di lavoro che consentano di trovare la giusta concentrazione.

Inoltre, la maggiore flessibilità dell’orario è compensata dalla mancanza di un confronto diretto. Questo aumenta il numero di telefonate e videochiamate da effettuare durante il giorno, per potersi confrontare col proprio team di lavoro.

Un altro problema riscontrato dai lavoratori è la sensazione di solitudine ed alienazione.

Se certamente è vero che lavorare da casa contribuisce ad un risparmio in termini economici, dal momento che riduce i costi dei carburanti, ma anche in termini di tempo, dal momento che si evita l’incubo del traffico e del parcheggio, è vero anche che limita tantissimo i rapporti umani.

L’atto stesso di recarsi al lavoro implica tutta una serie di abitudini che tengono l’individuo legato alla realtà, fatta di piccole cose, di empatia e rapporti umani, ma anche di confronto diretto, orari limitati e regole.

Che piaccia o no, la verità è che questa sarà parte integrante delle soluzioni  che consentiranno di affrontare i prossimi mesi di assestamento post Covid-19.

Se gli avvenimenti di questi mesi hanno messo in luce questa nuova possibilità, che sicuramente va valutata in base al contesto, nei mesi successivi si assisterà ad un perfezionamento di questa modalità di lavoro, quindi presumibilmente miglioreranno anche gli strumenti messi a disposizione.
Di certo, i nuovi scenari che iniziano ad intravedersi fanno pensare ad un passo verso la riduzione del Digital Divide, che già garantirebbe un notevole miglioramento nella gestione del lavoro agile.

Per tutto il resto, l’ipotesi migliore è sempre quella di optare per una sana via di mezzo: un’alternanza di lavoro tradizionale e smart working potrebbe essere una soluzione ottimale, per andare incontro sia alle nuove, che alle vecchie esigenze dei lavoratori.

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